Terme e Liberty
Ultima modifica 3 marzo 2024
Verso la metà dell'Ottocento Montecatini Terme cominciò a rinnovarsi come un salotto elegante, per divenire presto una ville d'eaux di fama internazionale. I modelli di architettura che proiettarono i bagni di Montecatini nel novero delle città termali derivavano da quelli internazionali del "nuovo stile", non acquistarono qui i caratteri peculiari della tradizione toscana.
Lungo il viale Verdi si susseguono i principali edifici che caratterizzano la Montecatini dell'età del liberty.
Partendo dalla centrale piazza del Popolo con la sua fontana risalente alla prima metà del Novecento, si incontra sulla destra il complesso della Locanda Maggiore una delle prime strutture alberghiere commissionata nel 1787 dai monaci Cassinesi della Badia di Firenze, ai quali il granduca Pietro Leopoldo aveva affidato la cura e lo sviluppo dell'area termale.
Poco più avanti si trovano i portici del Gambrinus con negozi e gallerie d’arte allestiti nel 1913 su progetto di Giulio Bernardini e Ugo Giusti, rappresentavano ai tempi un rinomato luogo di ritrovo mondano grazie ai Cafè Chantant che ospitavano.
Nell’adiacente piazza d’Azeglio il Teatro Politeama, oggi Cinema Teatro Imperiale costruito nel 1926 per i fratelli Lavarini.
Poco oltre, di fronte alla settecentesca Palazzina Regia, completamente ristrutturata nel 1920 ed oggi Sede della Direzione delle Terme, sorge il palazzo del Municipio.
Progettato da Raffaello Brizzi e Luigi Righetti, venne costruito dove sorgevano le vecchie scuderie granducali. I lavori, iniziati nel 1913, si conclusero nel 1919, con un’interruzione dovuta al primo conflitto mondiale. L’imponente edificio, costruito in stile neorinascimentale, domina in posizione rialzata rispetto al piano stradale. Una triplice arcata si apre sull’atrio, simile a un loggiato, dal quale si entra nel vestibolo: a sinistra si accede al salone dei servizi demografici, a destra il salone gemello, un tempo adibito a ufficio postale, oggi ospita il Museo di Arte Contemporanea della città. Gli sportelli lungo il perimetro delle sale sono decorate con vetrate di Galileo Chini. Un monumentale scalone con ringhiere in ferro battuto porta al piano superiore: salendo, un busto in bronzo del Romanelli ricorda Pietro Baragiola, protagonista dello sviluppo urbanistico della città. Nello splendido velario centrale un puttino, incorniciato dalla scritta “L’ANTICO FU NUOVO, E IL NUOVO ANTICO”, riversa da una cornucopia una profusione di frutti; intorno ai decori pittorici distribuiti su dodici lunette e otto pennacchi rappresentano allegoricamente le più importanti attività umane: Lavorare, Costruire, Sapere, Prosperare nella Pace. Tutti gli uffici sono disposti intorno a due grandi ballatoi, illuminati da raffinati lucernari del Chini con fregi ornamentali e stemma centrale. La Sala del Consiglio Comunale occupa un posto d’onore, con i balconi che si affacciano centralmente su Viale Verdi. Sul soffitto un affresco di Luigi Arcangeli con L’Apoteosi dell’Italia.
Intorno al Municipio sorgono gli edifici costruiti o rielaborati nel primo Novecento, arricchiti da eleganti decorri, riflesso di quel gusto floreale che contraddistinse la fine dell’Ottocento e il primo ventennio del secolo scorso.
All’angolo con il viale Manzoni si trova il Cinema Excelsior costruito nel 1922 da Ugo Giovannozzi che rappresenta forse la testimonianza più fedele ai dettami del Liberty europeo con la tettoia a gettante in ferro e vetro e l'interessante soluzione della facciata curvilinea porticata.
Sul lato opposto del viale Verdi, è ancora ben riconoscibile nella sua caratteristica struttura architettonica il Padiglione Tamerici, progettato nel 1903 da Giulio Bernardini come chiosco per la vendita dei sali estratti dalle acque della sorgente Tamerici. L'edificio ospitava, sul lato sinistro, il negozio della manifattura L'Arte della Ceramica, fondata a Firenze nel 1896 da Galileo Chini. Il padiglione è decorato in alto dal fregio con putti ed intrecci floreali, probabile opera del Chini ormai quasi illeggibile, e sulla facciata dai quattro bassorilievi in gres modellati da Domenico Trentacoste per lo stand della Manifattura Chini allestito in occasione della xMostra Internazionale di Arti Decorative di Torino del 1902. Tra le figure rappresentate nei pannelli, ispirati alla lavorazione della ceramica, si riconosce lo stesso Galileo Chini, che pensoso ascolta le voci di tre Muse.
Proseguendo verso nord, lo Stabilimento Excelsior è introdotto da un elegante giardinetto triangolare, che ospita la Fontana dei Cigni dello scultore Pirro Bianchi e sul quale si affaccia un piacevole loggiato si gusto rinascimentale.
Il corpo più antico del fabbricato, progettato dall'architetto Giulio Bernardini a uso di Casinò Municipale e Gran Caffè, risale al 1907 e conserva intatto il fascino dell'architettura dell'epoca. Fu poi utilizzato per la mescita delle acque termali nel periodo invernale e ampliato da Ugo Giovannozzi nel 1915 per consentirne l'utilizzo anche come stabilimento termale. Il corpo posteriore venne demolito e sostituito nel 1968 da una struttura moderna e funzionale, articolata su quattro piani, dedicata agli innovativi programmi di benessere delle Terme di Montecatini. La sala liberty, sapientemente collegata alla parte moderna, viene utilizzata soprattutto per convegni, mostre e concerti. Le due esedre laterali, chiuse da artistiche vetrate intervallate da colonne corinzie, accolgono ancora i vecchi banchi della mescita, attualmente effettuata nel salone principale. La tempera murale del soffitto è opera di Ernesto Bellandi. Nelle sedici finestre che definiscono il perimetro superiore della sala sono rappresentati, con vetri colorati, gli stemmi di antichi Comuni toscani; sotto corre un delicato fregio in stucco con bassorilievi di putti e festoni. Lungo l'elegante loggiato esterno sono inseriti otto medaglioni di terracotta smaltata, che raffigurano illustri personaggi della storia montecatinese.
Poco oltre, si incontrano le settecentesche Terme Leopoldine quasi del tutto trasformate con l'intervento di Ugo Giovannozzi tra il 1922 e il 1926.
Il Tettuccio è il maestoso punto di arrivo per chi percorra viale Verdi. L’artistica cancellata d'ingresso è arricchita da una raffinata pensilina semicircolare in ferro battuto e vetri colorati realizzati dal Berti di Pistoia; più in alto sono allineate le belle statue in marmo di Carrara scolpite da Corrado Vigny, raffiguranti la Sorgente, la Medicina, l'igiene e la Salute. Lo stemma centrale è opera di Aristide Aloisi, al quale si devono anche i decori interni dello stabilimento: mascheroni, festoni, capitelli, balaustre ecc. Nel 1370 il luogo era stato sistemato in modo piuttosto semplice e chiamato Bagno Nuovo: la sorgente era protetta da una piccola tettoia in legno dalla quale deriva il nome, Tettuccio, che indica ancora sia l'acqua sia l'impianto architettonico. Le acque però venivano usate soprattutto per l'estrazione del sale.
Più tardi la fonte venne utilizzata e celebrata per le sue proprietà curative: aveva una salinità minore di altre sorgenti tradizionalmente usate per bagni o fanghi così, pur mantenendo le ottime proprietà dermatologiche, l'acqua Tettuccio poteva essere bevuta rivelandosi altamente terapeutica per tutto l'apparato digerente.
II primo vero stabilimento venne edificato dal 1779 al 1781 per volontà del granduca Pietro Leopoldo, nell'ambito della ristrutturazione urbanistica affidata all'architetto Niccolò Gasparo Paoletti (1727-1813). Pur di grande effetto scenografico, era diverso da quello attuale.
Nel 1914, venne indetto un concorso per la ricostruzione, resasi necessaria a seguito della fama internazionale raggiunta dalla Stazione termale, ma solo dopo alcuni anni fu realizzato il progetto dell'architetto fiorentino Ugo Giovannozzi. Il nuovo complesso venne edificato tra il 1923 e il 1927, insieme al vicino Stabilimento Regina. La larga facciata in travertino di Monsummano, arricchita da colonne di ordine ionico, andò a sostituire quella antica del Paoletti che tuttavia non fu distrutta, bensì spostata e inserita nell'ala ovest, come parte integrante della nuova fabbrica. Dichiarata monumento nazionale, essa è tuttora visibile in fondo alla Galleria della Mescita. Il Tettuccio, ispirato alle antiche terme romane, venne strutturato come un tempio, a ribadire la sacralità e il valore essenziale di quell'acqua dalle magiche proprietà rigeneranti, portatrice di salute e bellezza.
L'atrio, caratterizzato da un sontuoso ambulacro sorretto da colonne, impreziosito nel lungo soffitto a volta dagli affreschi di Galileo Chini, dal ricercato lucernario e da un affresco di Giuseppe Moroni raffigurante la Sorgente, si schiude su ampi piazzali a cielo aperto, ai cui lati il colonnato prosegue. A destra va a comporre una sorta di tempietto. L'emiciclo racchiude e protegge la Fontana dei Coccodrilli, seguita dalla grande vasca circolare, dove, da una bocca di leone, si riversa ancora l'acqua Tettuccio.
Intorno alla vasca, l'esedra, con le sue colonne coronate da festoni scolpiti, si schiude in una spettacolare visione d'insieme del giardino rinomato per le sue varietà botaniche, su cui domina l'altura ove sorge lo Stabilimento Regina.
Dal piazzale a sinistra dell'atrio, invece, si accede alla suggestiva Sala di Scrittura, con i delicati affreschi di Giuseppe Moroni e più avanti, al Salone Portoghesi.
Con un magnifico gioco di fughe, simmetrie, lunghe prospettive, l'atrio si apre frontalmente nel piazzale maggiore, caratterizzato a destra dal Tempietto della Musica e subito dopo dalla Sala del Caffè, splendido ambiente in stile Belle Époque che mantiene inalterato tutto il fascino del primo Novecento, con gli originali arredi in legno, i raffinati affreschi allegorici di Giulio Bargellini e le importanti opere pittoriche di Maria Biseo e Giuseppe Moroni, riproducenti i paesaggi bucolici delle antiche terme.
Il porticato, dalla parte opposta al Tempietto della Musica, è interamente occupato dalla Galleria delle Bibite.
Lungo la maestosa galleria sono allineati i banchi della mescita, realizzati con marmi policromi intarsiati, con rilievi di maschere grottesche che rendono ogni elemento una singolare opera d'arte. Sovrastano i banchi sette grandi pannelli con mosaici ceramici, opera del raffinato maestro pescarese Basilio Cascella (1860-1950), che riproducono scene vivaci, con figure plastiche di ispirazione classica, le quali simboleggiano allegoricamente il valore delle acque in tutte le età, sia dell'uomo sia della donna.
Oltre il piazzale, il portico si inserisce nell'ampio corridoio di negozi, annunciato da un timpano triangolare dove, su uno sfondo a mosaico in oro, un grande orologio dal quadrante in madreperla, racchiuso in una ghirlanda, è affiancato dalle figure bronzee di Guido Calori: Venere, con la cornucopia della fecondità e dell'abbondanza, e Mercurio, simboleggiante il commercio, ma anche la forza e la bellezza virile. La Galleria dei negozi termina idealmente, ancora all'aperto, alla fontana dell'acqua del Cipollo, sempre del Calori, ai lati una monumentale scala conduce a una terrazza panoramica che ospita anche l'antica fontana del Tettuccio, il Mascherone decantato dal poeta Giuseppe Giusti, sormontato da una nicchia con la dea delle acque.
Di fianco alla scala un padiglione più moderno immette in ampi locali con altri esercizi commerciali, area di soggiorno e bagni. Lasciato il corpo principale, invece, ci troviamo immersi nel parco verso il viale delle Quattro Stagioni, alla cui base è una copia del celebre Porcellino del Tacca posto nella loggia del Mercato Nuovo di Firenze.
Proseguendo, il busto dell'architetto Ugo Giovannozzi invita ad ammirare l'altra sua creazione, lo Stabilimento Regina, davanti al quale è situata la fontana dell'Airone e della Rana realizzata nel 1925 da Raffaele Romanelli.
Uno ampio porticato neorinascimentale in travertino con archi a tutto sesto caratterizza questo splendido edificio, che emerge maestoso da una cornice di verdi prati, aiuole in fiore e preziosi alberi secolari. L’acqua del cratere Regina, nota fin dai tempi più antichi per le sue peculiarità benefiche dà il nome allo stabilimento edificato tra il 1923 e il 1927. Non più utilizzato per le cure termali, l’ambiente si presta oggi meravigliosamente per congressi e incontri internazionali, manifestazioni e molto altro.
Più avanti, immerso nel verde rigoglioso del parco, il Tempietto dell’Acqua Regina richiama la struttura del tempio di Vesta del Foro romano. La sorgente zampilla sotto una campana di vetro, protetta da una cupola sorretta da 12 colonne.
Nei pressi del Tettuccio e del Regina, immerso nel parco termale, lo Stabilimento Tamerici, deve il nome alle vicine piante di tamerice, tipiche dei luoghi salmastri. Prima Villa Schmitz, dai proprietari che vi scoprirono nel 1843 l'omonima sorgente, fu ristrutturato all'inizio del Novecento da Giulio Bernardini e Ugo Giusti, con una magica e sapiente fusione di stili architettonici: dal rinascimento toscano al moresco veneziano, sui quali prevale il neomedievale, caratterizzato da torrette, merlature, archi e stemmi. II luogo, col suo aspetto singolare e affascinante, venne utilizzato come sede della Mostra permanente di Belle Arti e poi destinato a Circolo Forestieri, Incredibile la profusione di piccoli tesori, come gli splendidi capolavori di Galileo Chini: affreschi murali con putti e festoni; maioliche che decorano le pareti, i pavimenti, i banchi della mescita e le fonti; vetri velati a fuoco che impreziosiscono le grandi finestre bifore e trifore ai cui lati emergono fiere teste leonine. Il parco ospita. Un pozzo quattrocentesco; una copia della fontana delle Naiadi di Mario Rutelli; un bersò con sei colonne in marmo e cupola in ferro battuto proveniente da villa La Caponcina di Gabriele D’Annunzio. Un delizioso angolo racchiude le fontane delle varie acque termali: di particolare pregio quella decorata da Galileo Chini per l’Acqua Giulia. Il raffinato loggiato del Bernardini introduce alla sala principale, con il bel velario scorrevole incorniciato da cassettoni in legno decorato e, al centro della parete maggiore, un grande camino in pietra, alla sala si accede anche dal lato opposto della fabbrica, dov’è situata la fontana del puttino e della rana opera di Raffaello Romanelli. Il particolare TMC, ripetuto anche lungo il muretto di recinzione del parco, rappresenta sia le Terme di Montecatini sia il nome dello stabilimento, oggi sede di mostre, concerti, congressi.
Lo sviluppo delle attività termali e l’aumento delle presenze favorirono a Montecatini la costruzione di strutture legate al turismo, come il Teatro Casinò Kursaal.
Risalente al 1904, rappresentò fin dalla sua nascita il centro della vita mondana montecatinese. Ospitava un bellissimo teatro e il Cinema Giardino dove, grazie a nuove apparecchiature, nel 1933 vennero proiettati, per la prima volta in Italia, film sonori all'aperto. Nel 1957 entrambi furono demoliti per far posto al nuovo Cinema Teatro Kursaal: cinque grandi porte in cristallo immettevano in un ampio atrio in marmo, decorato nella parte superiore con bordi ceramici in rilievo di Jorio Vivarelli, rappresentanti alcune scene de I Pagliacci. Il teatro, completamente climatizzato, era molto capiente: la platea poteva ospitare 820 spettatori e altri 470 posti a sedere si trovavano nella galleria; ai lati erano sistemati i palchetti. numerosi camerini per gli artisti erano tutti dotati di servizi privati e il palcoscenico permetteva la messa in scena di spettacoli di alto livello. Intorno al teatro, una galleria di negozi rappresentava la meta di ogni passeggiata. Il Kursaal accoglieva anche un Casinò, un famoso Dancing e Salone delle Feste, un Night Club, Sale riunioni, Sale giochi e Circoli privati. Purtroppo la sua popolarità non è stata accompagnata da altrettanta fortuna: demolito in gran parte per essere sostituito da un fabbricato più moderno e funzionale, è rimasto invece inagibile per molti anni e solo ultimamente ha ripreso vita grazie al recupero della storica facciata, integrata in un nuovo elegante complesso progettato nel 1995 dall'architetto Aldo Rossi, al quale è intitolato l'ampio piazzale interno. L’intervento a prevalente destinazione residenziale direzionale è caratterizzato da due grandi corti quadrate perimetrate da edifici di quattro piani fuori terra. I portici a piano terra e le torri centrali che scandiscono gli spazi costituiscono un chiaro il riferimento all’architettura filaretiana, mentre i rivestimenti litici a fasce bicrome dei portici ripropongono l’immagine delle architetture toscane. La ricostruzione dell’intero isolato coniuga dunque la volontà sia di realizzare un progetto unitario in sé sia di mantenere elementi appartenenti all’immagine cittadina, come la torre centrale di accesso all’area. Dopo la morte dell’architetto e con i lavori ancora in corso, furono poi apportate variazioni al progetto. Del glorioso teatro, pertanto, non c'è più traccia.
Tra gli alberghi merita particolare attenzione il Grand Hotel & La Pace esistente fin dalla seconda metà dell’Ottocento e più volte trasformato a partire dai primi anni del XX secolo.
Per anni ha rappresentato il top del lusso e della raffinatezza della città termale: le sue camere e le suite hanno ospitato le teste coronate e i personaggi più illustri. Arredato con esclusivi pezzi d'antiquariato, costituisce uno degli splendidi gioielli liberty della città. Un piccolo assaggio l'abbiamo già nel portone d'ingresso, realizzato da Galileo Chini in ferro battuto e vetri colorati. Anche le sale interne non vengono meno alla loro reputazione: nel 1904 fu inaugurato il salone delle feste affrescato dal Chini, autore anche dei disegni per le vetrate.